Cittadinanza, nazionalità e fascia tricolore Roberto PECCHIOLI

Cittadinanza, nazionalità e fascia tricolore Roberto PECCHIOLI

Sono italiano perché lo sono. Per origine familiare, lingua, cultura sono di nazionalità italiana. Incidentalmente sono cittadino dello Stato italiano per diritto di sangue, valido anche se fossi nato in Australia o Perù. Poiché amo la Patria , detesto chiamare "paese" l' Italia . Il nostro paese, lo chiamano i moderati, questo paese, quelli di sinistra. Per me, o l'Italia è una Patria ( terra dei padri, cioè nazione) o non riesco ad amarla. Odio la confusione tra cittadinanza – un timbro burocratico attribuito a chiunque in base alle leggi del momento- e nazionalità, che attiene alla sfera dei sentimenti, dell'identità e dell'appartenenza. Penso che sia italiano anche chi si sente tale per scelta.

Non mi scandalizza il gesto di Eva Zeller, neo sindaco di Merano, che ha platealmente rifiutato la fascia tricolore che le porgeva il suo predecessore. Poiché appartiene alla maggioranza germanofona dell'Alto Adige-Sudtirolo, ha diritto di non sentirsi italiana. La sua terra – che amo appassionatamente – fu assegnata al Regno d'Italia dopo la prima guerra mondiale per punire l'Austria sconfitta. Tanto poco sono italiani gli abitanti di lingua tedesca della provincia di Bolzano ( sebbene minoranze italiane siano storicamente attestate nel capoluogo e nella Bassa Atesina) che chiamano la loro piccola patria (heimat in tedesco, con riferimento alla casa, al focolare) Sudtirolo, per noi Alto Adige, il corso superiore del fiume che bagna Trento e Verona e sbocca nell' Adriatico.

La polemica acquisisce senso se guardiamo il gesto della Zeller dalla prospettiva della cittadinanza, cioè dell' appartenenza giuridica allo Stato chiamato Repubblica Italiana. La figlia di due senatori della Svp- il partito di raccolta "etnica" ( attenzione alle parole!) dei germanofoni della provincia bolzanina- è infatti cittadina italiana, figlia di cittadini italiani che dall'Italia ricevono da anni privilegi e lauti stipendi parlamentari. E' l'ultima che può mancare di rispetto alle istituzioni che ha accettato di rappresentare e che sono alla base del suo benessere personale. La questione della fascia tricolore ha anche un lato umoristico nel "paese" in cui il passato non passa mai. Fu infatti istituita nel 1934 come insegna dei podestà ( il nome fascista dei sindaci) e la Repubblica non ha fatto altro che mantenerne la funzione.

Con buona pace della Zeller- che inizia la carriera politica sulle orme dei genitori- la fascia non rappresenta la nazione italiana ma lo Stato. Ha dunque il dovere di indossarla nelle occasioni in cui lo prescrive la legge a cui giura obbedienza. Il punto, lo accennavamo all'inizio, è la relazione distorta, la confusione tra Stato ( istituzione) e nazione ( appartenenza morale e culturale) . Quasi tutto nasce dalla pretesa di istituire un equivoco patriottismo "costituzionale" promosso da chi disprezza le identità nazionali, fondato sulle pretese buone leggi e sulle istituzioni. Non si è italiani – o tirolesi, o birmani- in quanto tali, appartenenti a una comunità unita da vincoli etnici, linguistici, spirituali, comunanza di costumi, ma perché cittadini di uno Stato che dobbiamo amare per le sue "buone " leggi.

Su tale assunto, chi scrive ha diritto di non sentirsi cittadino italiano e di non riconoscersi nei suoi simboli in quanto non condivide i fondamenti della Repubblica, confusa con la nazione. Se i sudtirolesi non sono italiani per nazionalità ( come la piccola minoranza slovena del Carso) nonostante siano popolazione autoctona nel territorio dello Stato, ancor meno sono italiani i cittadini di origine straniera che hanno ottenuto la cittadinanza . Nessuno può negare che siano cittadini italiani: sta scritto nei documenti, ma difficilmente sono italiani nel cuore. Se lo sono, benvenuti tra noi.

Desta profondo sconcerto uno dei referendum proposti dalla Cgil. Se passa, alcuni milioni di stranieri diventeranno cittadini italiani per il solo fatto di avere lavorato e vissuto qui per cinque anni. Assurdo, un colpo micidiale, un omicidio premeditato della nazione italiana. Non della Repubblica, a cui della nazione poco importa, tanto che la nostra lingua non è neppure indicata in costituzione come idioma ufficiale, mentre vengono tutelate le minoranze linguistiche. La parola nazione compare all'articolo 9 , ultimo comma, per affermare che la Repubblica " tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione ", statuendo implicitamente la superiorità dell'istituzione sulla storia.

La fascia tricolore non è che il simbolo delle istituzioni, senza particolari implicazioni "nazionali". La Zeller se ne faccia una ragione e la indossi. Più complessa è la riflessione su che cosa sia davvero oggi l'Italia e addirittura se esista, come Stato indipendente da un lato, come nazione dall'altro. La risposta non è semplice: se io affermo di essere italiano, significa che l'Italia nazione esiste, indipendentemente dal giudizio sullo Stato che porta lo stesso nome. Io resterei italiano, infatti, anche se l'Italia, la mia regione o la mia città appartenessero allo Stato francese o americano, di cui sarei, volente o nolente, cittadino.

La confusione sorge in quanto gli Stati "nazionali" pretendono di rappresentare in via esclusiva i popoli che li abitano, aggravata nell'ultimo trentennio da una politica migratoria dissennata che ha aperto le porte a masse delle più disparate provenienze. Gli Stati possono rendere cittadini queste persone, ma non possono farne dei connazionali. Il caso sudtirolese è emblematico: da un secolo oltre trecentomila cittadini italiani non si sentono italiani per l'ottimo motivo che non lo sono ; il gesto della Zeller lo testimonia. Che ne sarà della nazione se milioni e milioni di estranei perdono la condizione di stranieri in base all'assunto della superiorità della cittadinanza sulla nazionalità ?

E che ne è di una Repubblica che fonda se stessa su una sovranità insussistente- i protocolli dei trattati di pace, la sudditanza alla Nato, all'UE, perfino a una banca privata che batte la moneta legale- e che addirittura non riconosce un momento fondante, simbolico per tutti i cittadini? Logica vorrebbe che lo Stato festeggiasse la data della sua nascita, il 17 marzo 1861. Ma quel giorno sorse il Regno d'Italia e oggi siamo una repubblica. L'istituzione non accetta la continuità, pochissimi sanno del 17 marzo: la cesura storica è uno schiaffo . Potrebbe scegliere il 2 giugno, data in cui nel 1946 nacque la Repubblica. Data pochissimo sentita e non solo perché i risultati del referendum tra monarchia e repubblica sono assai dubbi, tanto che la Repubblica non è mai stata legalmente proclamata.

La Repubblica istituzione non considera se stessa fondamento dello Stato- esistente dal 1861- tanto meno della nazione, ridotta a custode del paesaggio e del patrimonio artistico. Non ha torto: essa infatti è il compimento, non la fonte, di un processo iniziato nel 1943 : l'armistizio Badoglio, la caduta del fascismo, la resa seguita dalla condizione di co-belligerante dell'esercito del regno, la guerra civile tra italiani. La data simbolo dell'Italia Stato, Repubblica e istituzione, è il 25 aprile, chiamato Liberazione. Comunque la si pensi, se la Patria morì l'8 settembre, non risorse il 25 aprile, che celebra una sconfitta militare mascherata da vittoria di una parte nella guerra civile ( a cui fu estraneo l'intero Sud) e la fine definitiva del fascismo.

Non si può fondare una nazione sulla sconfitta di un governo, ma vi si può costituire uno Stato, una narrazione e una retorica a cui è in gran parte estraneo il concetto di nazione. Per di più anche la sovranità ( popolare, quella nazionale è altra cosa) è negata nei fatti e tutto sommato anche nel testo costituzionale, negli articoli 1 e 11. La sovranità "appartiene al popolo" , ma questo la esercita "nelle forme e nei limiti della costituzione" e "consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia tra le Nazioni " . Non tra gli Stati, strano.

Dunque, non ha torto – giuridicamente – chi rivendica meno sovranità, più Europa , più potere all'economia e alla finanza, più forza a organismi come la Nato, l' ONU, persino l' Organizzazione Mondiale della Sanità. La Repubblica "sovrana" è una finzione creduta per carità di patria, i Fratelli d'Italia esistono solo nell'inno scritto da un ragazzo che pagò con la vita la sua passione nazionale. Qualcuno, come lo scrivano, non si riconosce nella Repubblica, nei suoi miti e nei suoi riti, preferendo la nazione allo Stato. Nessuno scandalo se una cittadina italiana di madrelingua tedesca e sentimenti austriaci non indossa la fascia tricolore. Domani accadrà ben altro, quando milioni di "nuovi italiani " si impossesseranno legalmente delle istituzioni, del territorio e , legittimamente, sceglieranno altri simboli. Se amassimo l'Italia anziché la Repubblica, se non avessimo cancellato secoli di storia fondando una spuria identità sulle tragedie degli anni quaranta del secolo XX, non staremmo vivendo il tramonto della nazione.        

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