ZUCKERBERG CHI È COSTUI? 


Don Abbondio, in uno dei passi più famosi dei Promessi Sposi di Alessandro Manzoni, e precisamente nell'incipit dell'VIII capitolo, si poneva analoga domanda a proposito del filosofo Carneade.

Il povero prete di campagna si poneva il quesito manzoniano su Carneade, ignorando della sua esistenza e ruolo nella società antica, ignorando pure che il filosofo era nato a Cirene nel 214 a.C., che era morto ad Atene nel 129 a.C., che apparteneva alla corrente degli scettici e che era stato il fondatore della terza Accademia di Atene.

Oggi i parametri sono diversi... o forse no.

Probabilmente anche adesso molti si chiederanno ancora chi fosse Carneade, o magari si porranno la domanda che ruolo avesse quest'uomo nella società antica o se sia il frutto di qualche fake news dei soliti complottisti. Più facilmente preferiranno ignorare il problema, esclamando - con l'arroganza che contraddistingue i nostri tempi - "se non lo conosco, vuol dire che non è importante!".

Diversamente, tutto si sa dei personaggi televisivi e guai a non sapere di Chiara Ferragni o di altri supereroi uscenti come fratelli virtuali dallo specchio magico che risponde al nome di televisione.

Non seguire le dirette dell'Isola dei Famosi, trasmissione tanto vituperata dagli intellettuali, ma ancora con uno share del 21,7% nonostante la stanchezza che il format ormai si trascina da diversi anni, sembra essere indispensabile alla nostra esistenza quotidiana, soprattutto in quel mondo giovanile o delle persone più semplici che rappresenta ancora una fetta cospicua della popolazione mondiale, che desidera ignorare i problemi piuttosto che affrontarli, ma non tanto per mancanza di cultura accademica, ma piuttosto per quella mancanza di consapevolezza che dovrebbe ormai risvegliare ognuno di noi dal proprio torpore.

Ma anche la tv oggi ha dovuto cedere lo scettro. Dopo tanta prevaricazione sulla carta stampata, sui libri e sul cinema, la televisione è stata soppiantata da un grande mostro dal viso angelicato che risponde al nome di internet, che ha inviato i social come suoi principali messaggeri a livello globale.

Ma torniamo al papà di tutti i social: Mark Zuckerberg. In realtà il fenomeno della messaggistica era nato molto tempo prima di FB anche se con funzioni diverse. Stiamo parlando delle chat.

Le chat prendono vita nel 1989, anche se con il videotel era possibile chattare già alla metà degli anni '80, e cosa molto curiosa era che le prime c.d. chat line erano «riservate» a docenti, ricercatori e studenti.

Venivano, infatti, utilizzati server che collegavano le diverse università, prima in America, poi nel resto del mondo.

Il sistema era chiamato Irc (Internet Relay Chat), ovvero un protocollo molto complesso che permetteva di comunicare attraverso i pc e che solo persone esperte potevano utilizzare.

Negli anni 90 i sistemi vengono semplificati e così nascono le chat di Clarence (1995), seguita da Atlantide (1998), la community di Virgilio (oggi ha 4 milioni di iscritti) e da tutti gli altri grandi portali.

Numeri apparentemente molto grandi... ma nulla a che vedere rispetto a Facebook con i suoi 2,60 miliardi di utenti mensili attivi (dati 2020) e con 1,73 miliardi di utenti attivi quotidianamente.

Ma qual è la vera storia di questo social network?

Il 4 febbraio 2004 avviene ufficialmente la nascita di Facebook.

La piattaforma offre un sistema di messaggistica (Messanger), una piattaforma video (Facebook Watch) e tanti altri servizi pensati per connettere milioni di persone ogni giorno. Il suo valore di mercato è di circa 500 milioni di dollari.

Mark Zuckerberg, nonostante il successo ottenuto, non è un genio, cioè una persona che per il comune sentire, brillava negli studi. Ma d'altra parte molto spesso accade che chi non ha dei buoni risultati a scuola, sfonda nella vita. Steve Jobs, per esempio, ha mollato l'università prima di finire gli esami. Bill Gates non si è mai laureato. Sergei Korolev, l'uomo che ha lanciato il primo satellite artificiale sullo spazio, non andava molto bene a scuola. Il poeta Vladimir Mayakovsky era un pessimo studente. Joseph Brodsky era uno dei peggiori studenti della sua scuola, ma alla fine è riuscito comunque a vincere il Premio Nobel per la Letteratura nel 1987. E così anche Mark Zuckerberg che lasciò Harvard al secondo anno.

Il ragazzo (ancora oggi possiamo definirlo così visto che ha solo 37 anni) nasce nel 1984 e già da piccolo manifesta una passione sfrenata per l'informatica e la programmazione. All'età di 12 anni, utilizzando Atari Basic, crea "ZuckNet", una specie di rete in grado di collegare lo studio dentistico del padre, e tutte le informazioni che vi gravitavano intorno, con la famiglia.

A questo punto, i genitori di Mark, forse per agevolare il figlio nella propria passione per l'informatica forse perché esausti dal vederlo "soffrire" su altri tipi di studio, lo incoraggiano a seguire corsi di specializzazione nel vicino Mercy College.

Dopo aver manifestato una certa predisposizione per la scherma, diventando capitano della propria squadra, e aver manifestato qualche interesse per la letteratura e le materie umanistiche, orienta il proprio interesse per il mondo della programmazione e dello sviluppo di software, iniziando sempre più a lavorare sullo sviluppo di nuovi programmi.

Dopo "ZuckNet", crea Synapse un media player per le playlist MP3 che studia le preferenze di ogni utente. Tale fatto attira l'attenzione in colossi come Microsoft e AOL che si dicono interessati ad acquistare il programma e ad assumere Mark anche se non è laureato, ma il ragazzo rifiuta e prosegue i suoi studi.

Dopo la maturità, accede alla Harvard University, dove sviluppa prima Facemash e successivamente Facebook.

Successivamente lascia gli studi e assieme ad Andrew McCollum, Dustin Moskovitz, Sean Parker e Adam D'Angelo fonda la Facebook Inc.

Ma capiamo perché - a parere di chi scrive - Facebook ha avuto questo enorme successo.

Il successo esplode nel settembre 2007, quando dopo appena un anno, la posizione in graduatoria del traffico del sito è passata dalla 67° alla 7° posizione, rientrando nella classifica dei 10 siti più visitati in tutto il mondo (si parla di un caricamento di oltre 60 milioni di immagini ogni settimana).

Nel marzo 2010, il traffico di Facebook cresce a dismisura, superando per una settimana il motore di ricerca Google per numero di visite negli Stati Uniti. Il 24 agosto 2015, la piattaforma raggiunge la cifra record di 1 miliardo di utenti contemporaneamente attivi sulla piattaforma.

Ma viene da chiedersi: come mai tutto questo successo per una piattaforma che in fondo raccoglie profili di più di due miliardi di utenti, che spesso pubblicano opinioni personali, non riscontrabili, fake news, foto di piatti più o meno appetitosi, foto di allegre brigate di vacanzieri e qualche volta opinioni politiche contrastanti che si risolvono sempre in insulti reciproci talvolta anche volgari?

Eppure, già nel 2004, all'avvio del sito, Peter Thiel aveva investito 500 mila dollari in Facebook.

Tra l'altro il finanziatore non è proprio un parvenu. È cofondatore e AD di Paypal, venduto a Ebay per un miliardo e mezzo di dollari. Gestisce poi il Clarium Capital Management, ed il Founders Fund.

Una delle riviste più autorevoli al mondo, Fortune, ha definito il miliardario ed il suo gruppo "La mafia di Paypal".

Peter Thiel è un filosofo, che ha conseguito nel 1998 la laurea nella prestigiosa Università di Stanford. Ma è anche uno degli autori di "The Diversity Myth" in cui sosteneva la tesi xenofoba secondo cui il multiculturalismo sia d'intralcio alle libertà personali. Ed è membro di TheVanguard.org, un gruppo di pressione ultraconservatore, nato per attaccare MoveOn.org, gruppo liberal attivo sul web. TheVanguard.org è una comunità online che ha lo scopo di promuovere l'ultraliberismo negli Stati Uniti e nel resto del mondo attraverso una politica di diminuzione dello Stato a favore di un liberismo sfrenato che loro stessi definiscono «reaganiano-thatcheriano». È anche un anti-naturalista, ritenendo che il progresso umano si risolva con l'allontanamento dalla natura e che la vera felicità consista nel raggiungimento di una vita completamente virtuale in cui la realtà sia sostituita dall'immaginazione. Un mondo in cui non esistano limiti né controlli. E tali teorie, sotto certi versi anche contradditorie, si riassumono nella filosofia che regge PayPal. La piattaforma, infatti, permette di spostare denaro in giro per il mondo senza vincoli.

Pertanto, l'accostamento di PayPal alla mafia, in fondo, non è tanto campato in aria.

Anche Facebook è un esperimento similare: si crea una grande comunità virtuale, svincolata dai confini internazionali, apparentemente libera e, soprattutto gratuita, ma che in realtà è completamente controllata e sfruttata commercialmente. Come è stato osservato, Facebook non produce nulla, se non limitarsi a mediare relazioni già esistenti o che facilmente si possono creare.

Credo che Zuckerberg, in fondo, non sia che una vittima di sé stesso e della sua passione per l'informatica, che - alienato da una ricchezza che per la sua giovane età è qualcosa di incredibile (nel 2018 la sua fortuna era stimata in 81,6 miliardi) - .si è reso "maggiordomo" dei poteri finanziari forti.

Nel 2019, sulla piattaforma Netflix (sic!), è uscito il documentario "Quello che i social non dicono ", sul ruolo dei censori che dovrebbero controllare i contenuti scabrosi o pericolosi. Un viaggio alla scoperta di cosa c'è dietro Facebook ed i social media.

I social media asseriscono: "Non è lo strumento in sé da criminalizzare, ma l'uso che se ne fa". E in questo modo cercano di lavarsi la coscienza.

Apparentemente il concetto non fa una piega, se uso una pistola per uso sportivo compio un'azione normale, se la uso per uccidere una persona commetto un reato, oltre ad un'azione moralmente riprovevole.

Ma secondo una giurisprudenza consolidata, almeno nel nostro Paese, la responsabilità va equamente condivisa tra autore e editore

.

È proprio qui - secondo il documentario citato - che dovrebbero intervenire coloro che visionano i contenuti, per filtrarli, ma che hanno strumenti limitati per farlo.

Costoro, definiti The Cleaners, devono esaminare fino a 25.000 post al giorno, spesso a costo di rimanere traumatizzati da tutto il materiale visionato, che raccoglie il peggio dell'aberrazione umana, ma che devono comunque controllare rapidamente, non potendo ostacolare la fame bulimica del web.

Al confine con lo sfruttamento personale, sono costretti a combattere una guerra giornaliera contro lo schifo, tanto da essere stati definiti "gli eroi del disgusto".

Ma sono eroi inadeguati, che non possono prendere decisioni univoche, condizionati comunque dai loro principi, educazione, credo religioso. Non possono essere neutrali

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La rete non è più uno strumento di libertà, ma di oppressione, dove l'uso continuo di complicati algoritmi genera la conseguente inevitabile manipolazione del libero pensiero. "Visibilità ad ogni costo, apparenza e irrealtà da opporre ai problemi quotidiani, sono l'obiettivo dei manipolatori. Uno scenario finto, di cartapesta, regolato da Bot, dov'è il denaro e non l'essere, a fornire l'unico motore"

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Ci si può domandare quanto di etico ci sia in tutto questo. Difficile dirlo! Come filosoficamente è risaputo in ogni azione umana il bene discende dal male e viceversa. Mai tutto è troppo bene, mai tutto è troppo male nella quotidianità: poi esiste la straordinarietà, che per i buoni e per i cattivi è qualcosa di prevalente a discapito dell'ordinarietà.

Sui social, tutti divengono giornalisti improvvisati.

In linea di principio, per un professionista dell'informazione, le regole sono quattro: serietà, correttezza, rispetto dei lettori, uso di fonti certe. Purtroppo, non tutti seguono questi semplici principi e l'etica passa un brutto momento sulla rete.

Ma è pur vero che anche i c.d. debunkers utilizzano lo stesso metodo aberrante: cioè far apparire necessariamente e volutamente false notizie che invece sono vere o hanno un fondamento di verità. Talvolta costoro sono peggio dei cacciatori improvvisati di notizie eclatanti (i c.d. cospirazionisti).

Ed allora la fortuna di Facebook? Avete mai pensato che ognuno di noi, diversamente alle altre chat ante FB dove le persone si registravano con un indirizzo e-mail (magari creato ad hoc) e con un nickname di pura fantasia, senza inserimento di altri dati personali, potevano tranquillamente chattare senza che nessuno potesse scoprire l'identità del suo interlocutore?

Facebook in questo senso è stato dannatamente rivoluzionario. Per iscriversi bisogno usare i propri dati veri. È una condizione indispensabile per far parte del popolo "feisbucchiano". Anzi chi usa identità false è automaticamente rimosso una volta scoperto.

I c.d. Big data

Ed ecco il loro valore: un grande volume appunto di dati - sia strutturati (es. database) che non strutturati (es. immagini, e-mail, GPS) - che interessa un'azienda ogni giorno. Non è importante la quantità di dati. È piuttosto il modo in cui questi vengono utilizzati: si fa riferimento, infatti, agli algoritmi capaci di trattare così tante variabili in poco tempo e con poche risorse computazionali. I dati infatti possono essere utilizzati per analisi approfondite che potrebbero portare a migliori decisioni e mosse strategiche per un'azienda.

Ma questo non è ancora tutto. "Scorrendo l'elenco degli altri investitori di Facebook notiamo la Greylock Partners. Uno dei soci della Greylock è Howard Cox, il quale lavorava nel Ministero della Difesa Usa e per un certo periodo è stato nel Business Board del Pentagono. Inoltre, è membro del consiglio della In-Q-Tel. La In-Q-Tel, un nome decisamente sconosciuto ai più, è il braccio imprenditoriale della CIA. Fondata dall'Agenzia americana nel 1999 per evitare la burocrazia degli appalti pubblici, agisce sotto forma di suo investitore, così i servizi segreti possono gestire l'outsourcing per la ricerca. La In-Q-Tel consente alla CIA di tenersi al passo con i tempi dal punto di vista tecnologico, senza dover assumere uno stuolo di scienziati. Molti di noi usano tutti i giorni uno dei prodotti nei quali ha investito la In-Q-Tel, cioè il software della Keyhole Inc., e che noi oggi conosciamo come Google Earth. Google acquisì la Keyhole nel 2004, e per un certo periodo la CIA, tramite In-Q-Tel, ha posseduto azioni di Google per un totale di 2,2 miliardi di dollari" (fonte: https://www.lantidiplomatico.it/dettnews-zuckerberg_quando_hai_tra_gli_investitori_la_cia_puoi_dire_di_non_sapere/82_23473/)

Forse essere consapevoli può far paura, ma quando si aprono gli occhi, la luce è più intensa e la verità più vicina.

Meditate gente, meditate!

Di Enrico Clerici

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