Demolire è semplice, mentre costruire è difficile. 


Da questa estrema sintesi, considerazione difficilmente controvertibile, vuole cominciare un viaggio. Un viaggio che ha come tempo, quello moderno. E come spazio, quello delle relazioni umane. Un'antica e celeberrima frase, recita «Roma, non è stata costruita in un giorno». E se chiudiamo gli occhi e ci immergiamo nell'Urbe, estasiandoci per la sua unica, irreplicabile magnificenza e suprema meraviglia, certo non pensiamo alla fatica: si rievoca in noi, piuttosto, una bellezza che suscita emozione. Ed una sindrome di Stendhal fisiologica, prevedibile scorgendo il Colosseo, perdendosi nei vicoli dal sapore antico di Trastevere. Seguendo l'opulenza mozzafiato dell'Altare della Patria e le geometrie imponenti dell'Eur. Quel non essere stata costruita in un giorno, quindi, implica sì fatica e allude eccome alla pazienza. Ma, principalmente, ricorda una verità innegabile: lavoro, perseveranza e doveroso sacrificio, portano a risultati talmente grandi, talmente alti e talmente "oltre", da ripagare ogni singolo e faticoso sforzo.

Ecco perché l'esempio di Roma (la sua eterna testimonianza di storia, cultura e bellezza), diventa la prima e imprescindibile tappa di questo lungo, affascinante viaggio. Nella società dove tutto è facile, disponibile all'uso, ordinabile su Amazon o reclutato da un social, il concetto (sacro) del lavoro, di devozione e sacrificio, viene destinato alla categoria "spazzatura da smaltire".

Qualcosa da evitare come un fungo velenoso: qualcosa da ignorare come la ripida salita per i pavidi pigroni. Nel mondo moderno (dove ritroviamo Bauman ed il suo amore liquido), la costruzione di un rapporto, di una vita condivisa e della stessa direzione, vengono evitate come il tackle duro di uno sfrontato giocatore. Ed è invecenella baumaniana definizione di amore, appunto, che dovremmo attingere controcorrenti considerazioni: le premurose e costanti cure, quella sana e costruttiva attenzione verso l'altro, la predisposizione ad un sacrificio volto a benessere e complicità profonda. Qualcosa che, sì, risulta anacronistico e stantio per i moderni (non) pensatori: ma che, nella sua atemporale essenza, rivela forza e rilevanza eterna. Un'eredità, dunque, inesauribile.

La domanda più comune che il cosiddetto Uomo della folla raccontato da Edgar Allan Poe potrebbe oggi porsi, è la seguente:perché faticare tanto se posso avere tutto e subito? Altro prodotto di una società che fa del consumismo, il suo sport preferito. Altro prodotto (scadente), di una società che vive le relazioni come l'affannoso pasto, in un comune fast food: mangiare tanto, indistintamente tutto, riempendo all'estremo della capacità lo stomaco. Lo stomaco, sì: ma di certo, non il cuore. Come i piatti preconfezionati, le torte già pronte, i regali riciclati: e stavolta, non per mancanza di tempo o di mezzi. Stavolta, s'intende, per mancanza di voglia e d'ingegno: ingiustificabile, tutto ciò. O, quantomeno, altamente discutibile.

Costruire, quindi, piuttosto che distruggere: «L'uomo ama costruire e tracciare strade, è pacifico. Ma da che viene che ami appassionatamente anche la distruzione e il caos?», si chiedeva già allora Fëdor Dostoevskij. In psicologia, si parlerebbe di "auto sabotaggio": in termini più comuni, di malsana svogliatezza e mancata prospettiva (presente come futura).

E se, in questo nostro viaggio che parte da Roma, andassimo a cercare scusanti e contemporanee giustificazioni, impatteremmo nelle perentorie parole di Jorge Luis Borges: «Nulla è costruito sulla pietra; tutto è costruito sulla sabbia. Ma dobbiamo costruire come se la sabbia fosse pietra». Perché le difficoltà, i limiti oggettivi e pure materiali, possono essere molteplici. Ma che questi e tutti gli altri, non ci trovino mai stanchi e arresi: perché certe battaglie, certe giuste crociate, meritano uno ed uno sforzo in più. Quel passo che supera la gamba nella vita, in relazioni, nell'amore: proprio quel "passo", che richiede coraggio e sana follia. Ma che rende, questo viaggio condiviso, il più bello mai vissuto.

«A mano a mano...può nascere un fiore nel nostro giardino, che neanche l'inverno potrà mai gelare...», cantava Rino Gaetano. E che l'inverno, le insidie (molteplici) di questo mondo malsano avulso d'amore, non possano mai gelare i fiori forti cresciuti con cura: una lezione, davvero per tutti. Ed ampiamente contestualizzabile, nei più svariati ambiti.

Demolizione e trascuratezza, sono difatti segnali di resa: l'abbandono ad una battaglia troppo grande, per il debole di spirito. La rinuncia ad una partita da giocarsi a viso aperto, poiché troppo abituati a combine e strategie. In una società che impartisce ordini pure laddove dovrebbe regnare il nudo cuore, in una società dove la bizzarra figura del Love Coach insegna tempistiche e tattiche per "farlo innamorare di te", che si scenda in campo con la più coraggiosa delle formazioni: quella della nostra, personalissima ed imperfetta autenticità.

«Se vuoi costruire una barca, non radunare uomini per tagliare la legna, dividere i compiti e impartire ordini, ma insegna loro la nostalgia per il mare vasto ed infinito», scriveva Antoine de Saint-Exupéry. E che il "mare" sia la possibile condivisione. E la "nostalgia", quel desiderio di verità nel rapporto, quello slancio finale: quando il traguardo è vicino, ci trova esausti ma lo inseguiamo ugualmente.

Prosegue, questo viaggio: dai luoghi iconici dell'amata Città Eterna, passando poi per sentieri impervi e mossi mari. Le onde alte delle difficoltà (individuali e collettive) e noi al timone: orientando le vele (nonostante il vento) verso la meta, parafrasando Seneca.Orientando le vele, verso la tanto agognata "terra promessa": di amore, di sogni e progetti. Una "terra promessa", a tutto tondo, di tutta vita.

«Nella storia, distruzioni e ricostruzioni hanno un autore noto. Le costruzioni sono anonime». Nicolás Gómez Dávila, sosteneva ciò. Edin un mondo sempre più fake, in una società esibizionista e cialtrona più che mai, con "fame di fama" generalizzata, che si opti per altro:un discreto anonimato, che costruisca e sappia scrivere la storia. La storia propria e personale. E quella "insieme e condivisa".

Di CHIARA SOLDANI

estratto da www.leggifuoco.it e dall'omonima rivista.

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