Perfetta famiglia conformista/italiota 


L'antefatto

La domenica durante una passeggiata ho incontrato una famigliola tipicamente italiota: buon livello sociale, vestiti alla moda e genitori e figli ( sui 4 e 5 anni) naturalmente con la mascherina. Personalmente da tempo ho perduto la voglia di far comprendere l'inutilità e il pericolo per i polmoni dei tale bavaglio, perché intendo che i miei simili (?) possono suicidarsi come meglio credono.

Il problema nasce quando questo pater familias mi dice, rispondendo alla mia domanda se si sentissero bene con il bavaglio da schiavi, che " è meglio essere schiavi che morti".

Non ho saputo cosa rispondere, perché non volevo essere volgare e turbare la felicità domenicale di questi idioti borghesi conformisti. Ad un individuo simile se esistesse uno Stato etico gli dovrebbe essere tolta la patria podestà.

Ma la cosa mi ha fatto pensare.

E ritorniamo al problema di fondo: perché combattere per questa massa di idioti, per questa plebe, felice del proprio nichilismo?

Il disagio non ha origine psicologica ma culturale e spirituale, quindi inefficaci appaiono i rimedi elaborati dalla nostra cultura, sia nella versione religiosa con il cattolicesimo post concilio attuale, sia nella versione illuminista perché non sembra che la ragione sia oggi il regolatore dei rapporti tra gli uomini, se non in quella formula ridotta della "ragione strumentale" che garantisce il progresso tecnico, ma non un ampliamento dell'orizzonte per la latitanza del pensiero e l'aridità del sentimento.

Non si troverà qui un rimedio di facile e immediata attuazione (già questa ammissione di impotenza la dice lunga sulla natura di questo disagio) , si cercherà se non altro di far piazza pulita di tutti i rimedi escogitati senza aver intercettato la vera natura del disagio dei nostri tempi.

Non si può litigare con questi esseri, poiché essi negano l'evidenza, non sono capaci di comprendere e fare analisi, non sono capaci di comprendere che i virologi televisivi sono falsi scienziati e sono ideologici pagati da bigpharma.

Il popolo italiano, meglio la massa plebea italica, ha da sempre dato prova di conformismo, come direbbe l'ebreo Pincherle, in arte Moravia, come dimostrò negli anni 30 quando tutti erano iscritti al Partito Fascista e portavano orgogliosi la "cimice", lo scudetto del PNF, salvo poi scoprirsi antifascisti alla caduta di Mussolini.

Conformismo borghese che scrive Pasolini "misurata solo sulla base della capacità di acquisto e sulla condivisione dei desideri borghesi del possesso, ben diffusi dall'arma più efficace di distruzione di massa del pensiero, cioè la televisione." Quello che chiamava "genocidio antropologico" aveva annientato la civiltà contadina e la classe operaia, portando tutti ad allinearsi al volere supremo del nuovo Potere.

Ritornando a quando affermato dal quel padre davanti ai figli, sarebbe interessante fargli sapere cosa ne pensava Vladimir Lenin: " Nessuno è colpevole di essere nato schiavo. Ma lo schiavo al quale non solo sono estranee le aspirazioni alla libertà, ma che giustifica e dipinge a colori rosei la sua schiavitù, un tale schiavo è un lacchè e un bruto che desta un senso legittimo di sdegno, di disgusto e ripugnanza.

E' indubbio che esiste una "morale dei signori" e una "morale degli schiavi"

L'uomo nobile separa da sé quegli individui nei quali si esprime il contrario di tali stati d'elevazione e di fierezza - egli li disprezza. Si noti subito che in questo primo tipo di morale il contrasto «buono» e «cattivo» ha lo stesso significato di «nobile» e «spregevole» - il contrasto di «buono» e «"malvagio"» ha un'altra origine. È disprezzato il vile, il pauroso, il meschino, colui che pensa alla sua angusta utilità; similmente lo sfiduciato, col suo sguardo servile, colui che si rende abbietto, la specie canina di uomini che si lascia maltrattare,

Secondo Evola l'uomo moderno ha queste caratteristiche: intolleranza alla solitudine, vita intesa come materialità, rifiuto di Dio, atteggiamento codardo di fronte alle difficoltà e dipendenza dai mass media. Ecco il ritratto del perfetto covidiota, non degno di appartenere alla stirpe italica.

Di Francesco Torriglia

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