Grillo junior: schiacciate l’infame ! Roberto PECCHIOLI

Grillo junior: schiacciate l’infame ! Roberto PECCHIOLI

Voltaire chiudeva i suoi scritti con l'esortazione "ecrasez l'infame", schiacciate l'infame. L'infame di Voltaire era la religione. Schiacciate l'infame è anche il compiaciuto commento del progressismo psichiatrico dinanzi all'omicidio di Charlie Kirk. Per alcune femministe e molte anime belle schiacciare l'infame è la pesante condanna inflitta a Ciro Grillo e ai suoi amici per il caso della notte di stravizi e sesso nell'estate del 2019 in Costa Smeralda con la ragazza dal nome fittizio di Silvia. Otto anni per stupro al figlio di Beppe e a due suoi amici, sei e mezzo al quarto protagonista della squallida vicenda. Un verdetto durissimo che lascia più di un dubbio. Chi scrive reputa repellente la violenza sessuale e disprezza chi la pratica. Non ha simpatia per i quattro imputati, casualmente concittadini, né per Beppe Grillo, il comico diventato consapevole strumento di poteri fortissimi per neutralizzare il dilagante dissenso etico, sociale e politico in un delicato momento della storia italiana. Se fossi lui, difenderei mio figlio; se fossi il padre di Silvia lotterei come un leone per vedere puniti i violentatori.

Se violenza ci fu nella calda notte sarda. Qui cominciano le domande a cui è difficile rispondere. Meno male che non ci è toccato decidere la sorte dei quattro giovani – giovinastri ?- poiché ogni opzione interroga la coscienza prima del codice penale. Nel quale il legislatore italiano introdusse nel 2006 il concetto di condanna " oltre il ragionevole dubbio " di ascendenza anglosassone. Dubbi ce ne sono, nel caso Grillo. Tralasciamo le speculazioni politiche legate al padre dell'imputato più noto ( da poco maggiorenne al momento del fattaccio) e concentriamoci sull'atmosfera, l'ambiente in cui tutto è maturato. Un mix di denaro facile, di immaturità dei protagonisti, la leggerezza irresponsabile, l'assunzione probabile di sostanze, pasticche, alcool, la vita come vacanza permanente enfatizzata dall'estate, dai luoghi di un turismo ricco e amorale, la convinzione di poter fare tutto perché lo si desidera e si hanno i mezzi per farlo. In mezzo, una ragazza altrettanto immatura, aspirante modella, già passata per esperienze certo legittime, ma quanto meno disinvolte. Si beve, si scherza, si sballa nella notte stellata.

Inevitabilmente scatta il desiderio sessuale. Se questo abbia riguardato anche Silvia è difficile dire. Consenso più o meno confuso, mancata padronanza di sé indotta dalla situazione e/o dall'assunzione di sostanze, o miserabile stupro di gruppo? Certo, quattro a uno si vince facile anche sulla ritrosia, specie in determinati momenti , sotto l'effetto di troppi intrugli. Poi gli atti sessuali, certamente consumati, perché ci sono le registrazioni. Ecco un altro elemento che turba chi appartiene a generazioni trapassate. Filmarsi in ogni situazione sembra diventato un piacere addizionale, quasi un obbligo sociale, la certificazione di essere nel mondo, lasciare traccia di sé, di ciò che si è fatto, anche nell'intimità. Siamo sempre assai colpiti dalle "vendette pornografiche" ( revenge porn nel globish giornalistico) di chi, finita una relazione, diffonde i filmati delle prestazioni erotiche di mogli, mariti, amanti. Un reato meschino, volgare, non esente da ricatti, ma che non potrebbe essere consumato senza la partecipazione volontaria della vittima.

Lo sfondo della notte sarda è quello di un costume diffuso quanto imbarazzante: giovani con il portafogli gonfio, ragazze disposte a molto tra festini, alcool, polverine, musica assordante. Qualcosa, inevitabilmente, capita. La ragazza era o no consenziente? Certe notti tutti i gatti sono grigi, specie se si è, come dire, fatto il pieno . Bisogna però credere a una delle parti e la vittima ha denunciato la violenza, sia pure con un certo ritardo. Il processo deve accertare fatti, non emettere giudizi morali. Perciò è futile, da osservatori che non conoscono gli atti e i protagonisti, dire ciò che pensiamo dei tipi umani rappresentati da Grillo junior e dai suoi amici, rampolli viziati senza principi della nuova postborghesia amorale, diventata modello sociale e comportamentale. Ugualmente, le frequentazioni e le abitudini della ragazza non sembrano irreprensibili. Si potrebbe concludere che un po' se la sia cercata, ma sarebbe sbrigativo, ingeneroso: compito del processo penale è valutare fatti. Se è andata come afferma l'accusa, è stata resa giustizia.

Ma sottolineo se, come una vecchia canzone di Mina. Il ragionevole dubbio resta, specie dinanzi a pene durissime irrogate a ragazzi immaturi i cui modelli sono mutuati da una società che fa dei desideri e delle pulsioni altrettanti diritti. Non ci piacciono le condanne "esemplari" e non approviamo chi schiaccia l'infame. Esprimiamo semplicemente disgusto rispetto a un mondo e a costumi che sgomentano. Il cocktail di sesso senza sentimenti, il cosiddetto divertimento privo di limiti, gli eccessi vari in cui alcool pasticche e droga sono ospiti obbligati per andare su di giri, garantire la "prestazione" e far cadere i freni inibitori non solo in campo sessuale, fotografano una società decomposta in alto e in basso. Che non ama essere giudicata per quello che è. Meglio la condanna esemplare, meglio schiacciare gli infami, allontanando interrogativi e responsabilità morali.

Resta l'amarezza di sapere che i protagonisti sono accanto a noi, siamo noi. De te fabula narratur, la vicenda parla di te e di me; il giudicato penale non dissipa i dubbi. Schiacciare l'infame non è mai giusto. In un processo indiziario la cui prima sentenza è pronunciata a sei anni dai fatti ancora meno, specie se la sensazione è che sia stata scelta la via di una condanna durissima del reato più che dei rei. D'altra parte, l'assoluzione avrebbe lasciato serie perplessità e alimentato pesanti sospetti. Resta il giudizio etico. Comunque sia andata, se ne avessimo il potere avremmo imposto una pena creativa altamente rieducativa: un congruo periodo di lavori edili sotto il sole estivo, seguiti nella brutta stagione dal servizio presso ospedali e RSA. 

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