Il falso, il brutto e il cattivo
Il falso, il brutto e il cattivo
Caccia alle streghe
In genere non presto molta attenzione ai casi spiccioli, agli scampoli
di attualità. Chiudono lo sguardo in orizzonti angusti e, se non sai
trascenderli, ti impediscono di cogliere verità più universali. Eppure, è
proprio il frammento di cronaca, l'evento minimo, che talvolta esprime
con più efficacia un senso o un valore generale. Ma in questi tempi
(che alcuni dicono essere gli ultimi) son tanti i fatti pazzi, grotteschi e
marci che ci piovon sulla testa, che a volte sospetto sia solo un brutto
sogno.
Ad esempio, pochi giorni fa mi trovavo all'ingresso d'una sala da
concerto. Faccio per entrare ma vengo fermato. È d'obbligo la
maschera, dunque rinuncio. Noto che anche lì nel vestibolo, benché
non sia prescritto da alcun regolamento son quasi tutti mascherati.
Vorrei capirne la ragione e tento una sommaria indagine, butto lì
qualche domanda con noncuranza. Le risposte son prevedibili: "per
prudenza ... ci sono abituato ... per rispetto degli altri". Solo un tizio mi
sorprende: "è una forma di galateo" (sic!). Ecco quel che si dice "passare
dall'etica all'etichetta". In futuro non indossare la mascherina sarà
inelegante come il far rutti o flatulenze.
Mentre distrattamente do un'occhiata al programma un tale mi
s'accosta. "Ha visto che roba?" mi chiede. "Ciaikovsky, Rachmaninoff,
Prokofiev!". Lo guardo perplesso. "Tre musicisti russi!" sbotta, dando
particolare enfasi alla nazionalità. Par che intenda: "qui s'attenta alla
pace, ai diritti umani, si collabora col nemico!". È scosso, turbato, come
se l'avesse fissato lo sguardo torvo di Rasputin. O forse il tizio è
posseduto da demoni maccartisti. Nella sua fronte, negli occhi - il
resto del viso è nascosto - cerco di cogliere, lombrosianamente, i segni
dell'imbecillità congenita. Ma, obiettivamente, non vedo anomalie.
Forse perché è normale oggi essere imbecilli. In effetti, tra giornali,
tivù e discorsi della gente, le testicolerie ridondano, sono ordinaria
amministrazione. E se ne potrebbe pure ridere, se non avessero tante
infauste conseguenze.
C'è quello che "se non ti vaccini muori"; c'è l'uomo chiuso nella sua
automobile con la mascherina sul volto; il giornale 'liberale' che
pubblica una lista demenziale di persone non grate al regime; ci sono
i 'liberi pensatori servili'; i registi fru fru acclamati dalla critica per aver
sodomizzato la Tosca o gomorrizzato Rigoletto etc. Inutile moltiplicare
gli esempi. Basterebbe quella Madonna snudata e lasciva, portata in
processione con lubrico orgoglio. Son tutti prodotti metabolici di una
società le cui evacuazioni culturali hanno minor dignità di quelle
naturali.
Dogma trinitario
Purtroppo dobbiamo barcamenarci in un mondo che galleggia sugli
escrementi del falso, del brutto e del cattivo. Bisognerebbe dire
'falsobruttocattivo', una parola sola. È infatti una sostanza unica,
benché trina. Qualcuno ha detto che il bello è lo splendore del vero.
Allo stesso modo il brutto è l'ombra del falso, come il Padre genera il
Figlio, e da loro procede lo Spirito Maledetto, il cattivo. Trinità satanica
in cui, per vie metafisiche, il falso comunica la sua natura alle altre
ipostasi. Non è possibile capirlo razionalmente perché, come tutte le
trinità, è un mistero.
Tuttavia, se aprite il Vangelo secondo Belzebù, primo versetto,
troverete questa solenne affermazione: "in principio erat Falsum". È
infatti la menzogna che ab initio corrompe la coscienza dell'uomo,
allontanandolo dalla vita vera e dalla vera felicità. Accade così che la
gente, anche quando compie le peggio nefandezze, si illude di servire
una buona causa. Tutta la nostra società mente a sé stessa. Per vedere
le cose dal lato giusto, occorre quindi ribaltarle: chi voglia
informazioni, deve chiederle alla cosiddetta 'disinformazione', chi
desidera curarsi deve evitare la medicina ufficiale etc.
"Il falso è la radice d'ogni male" è un dogma non oppugnabile, un
assioma evidente di per sé. L'attuale epidemia di stupidità è un suo
corollario, perché tutte le varie buaggini su russi, vaccini, liberi amori
etc. nascono dalla negazione del vero. Tale deficit intellettuale non è
da imputare alla natura ma all'educazione, a un sistema in malafede,
che attraverso la scuola e i media col tempo compromette la pristina
intelligenza umana. Troviamo infatti gli esempi di massima imbecillità
proprio tra persone istruite e ben informate.
Un tempo la stupidità aveva carattere più semplice, popolare. Oggi è
accademica, barocca e ridondante, tendente alla leziosità e al
manierismo. Ciò dipende da una falsità più ricca ed evoluta, nutrita di
concezioni scientifiche, storiche, psicologiche, sociologiche etc. in cui
reale e fittizio, verità e bubbola, si fan quasi indiscernibili. È grazie a
questa confusione che il brutto, spacciandosi come espressione di
libertà, ha potuto imporsi in quanto nuovo valore - nella volgarità del
linguaggio, nell'aberrante policromia sessuale, nell'arte putrefatta - e
che il cattivo, col pretesto del progresso e della sicurezza, può oggi far
pendere sul nostro capo, appesi a un filo, orrori mai visti prima.
Esame d'armonia
È un mondo positum in maligno, direbbe sant'Agostino. E poiché questo
elemento maligno è triplice è analizzabile in tre modi. Col metodo
filosofico si può riconoscere il falso, con quello etico il cattivo. Tuttavia,
il criterio più sicuro è, a mio parere, l'estetico, mentre gli altri due
possono trarre in inganno. Il mentire e la cattiveria si possono
dissimulare, più difficile è nascondere la bruttezza. Un sorriso artefatto
può coprire la violenza, un ragionamento sottile la bugia ma al senso
estetico non sfuggirà una disarmonia, un che di sgraziato, che ne rivela
la malignità.
Una tigre è certo pericolosa, ma non può essere falsa o cattiva, perché
è meravigliosamente bella. Osservate invece le zecche. V'è nel
succhiare il sangue degli altri qualcosa di sicuramente maligno. È
come se l'élan vital avesse imboccato in questi parassiti un vicolo
cieco, optando per uno stile di vita che contraddice ogni sano impulso
evolutivo. Ma per capirlo non serve conoscere le loro abitudini
alimentari, basta guardarli. Sono brutti, mostruosi, repellenti.
Ora esaminate i cosiddetti politici, altra specie dalle abitudini
ematofaghe. Prima ancora che dalle loro azioni, potete capire che sono
falsi e cattivi dal fatto che, come le zecche, sono brutti. Non ve n'è uno
che abbia sembianze armoniche. Non parlo della bellezza di un Saint-
Just o della bruttezza di un Mirabeau, che son forme superficiali, da cui
non si può giudicare un animale profondo e complesso qual è l'uomo.
Alludo a quel che di interiormente deforme e laido si riflette nei loro
volti, o di stupido. Guardo le immagini delle campagne elettorali
appese sui muri delle strade e penso agli sforzi eroici dei fotografi.
Non c'è artificio che possa nascondere tale bruttezza, che è figlia della
falsità. E son zecche, queste, che governano e scrivono le leggi!
"Ai miei tempi..."
Quindi, non so dire se viviamo nel migliore dei mondi possibili. In
compenso credo che, tra quelle a me note, questa sia la peggiore delle
società possibili. Luogo di una negatività radicale che non può mutare
per effetto di rivoluzioni politiche (troppe ne abbiamo fatte e con
pessimi risultati) ma di una conversione e redenzione delle coscienze.
E questo è effetto più della grazia che delle scelte umane.
Non vorrei ripetere un vecchio, geremiaco stereotipo: "viviamo in un
secolo degenerato, dai costumi dissoluti, dove van persi gli antichi
valori" etc. So che la vecchiaia tende a trasfigurare il passato, ne
smussa gli angoli, per nostalgia della giovinezza. E in un'età più verde
si fa del mondo il capro espiatorio del proprio scontento. È facile
rimpiangere ciò che non si è vissuto, e «il passato riceve sempre una
gloria dall'essere lontano». Così, in ogni tempo troviamo chi, con
umore malinconico o sprezzante, vagheggia il mondo classico, il
medioevo, il rinascimento, il secolo romantico, qualche epoca trascorsa
e scolorita, chi parla di decadenza e di "ultimi giorni".
In tal senso, ciò che distingue noi moderni è il mito del progresso. Ci
salva dal rimpianto, perché teorizza a priori che il domani sarà meglio
di ieri. Col risultato che il modello si rovescia e si idealizza il futuro, e
noi si resta frustrati da un presente che non è mai come dovrebbe
essere. Ogni critica al qui e ora trova così una banale spiegazione
psicologica. Ma esiste un'altra ipotesi, sensata e legittima, secondo cui
le civiltà subiscono un fatale regresso e, dopo la perfezione
dell'origine, scivolano sempre più in basso, verso la barbarie,
consumandosi in un'inesorabile entropia.
Quindi, indipendentemente dall'epoca in cui vive, avrebbe ragione chi
se ne lamenta. La storia comincia con un incendio creativo, un
fiammeggiare di grandi idee che gradualmente si estingue, lasciando
l'uomo al freddo e al buio, in mezzo a un crescente disordine. Il
laudator temporis acti non è solo il cantore elegiaco del passato ma
l'osservatore scientifico dei tempi e della loro fisiologica involuzione.
Sa che il progresso è una chimera e, nella sua retorica dei 'bei tempi
andati', esprime un'eterna verità.
Si direbbe che l'opera del tempo procede in senso opposto a quella di
un buon alchimista. Eone dopo eone, civiltà di metallo sempre meno
nobile si susseguono e noi, esaurite le età dell'oro, dell'argento, del
bronzo, siamo le creature dure, opache, di un'era ferrosa. Finiti i tempi
degli Dei, dei semidei e degli eroi, ci tocca vivere il tempo meschino
degli uomini. Questa dolorosa china è nota da tempi remoti a sapienti
equamente divisi tra Oriente e Occidente. Già Esiodo, da noi, ne parla
con classica limpidezza.
Età della ruggine
Non so con precisione quando la "stirpe di ferro" sia apparsa su questa
terra. Gli uomini che "mai cessano di penare e piangere, o di
angustiarsi la notte", che abbandonano i vecchi genitori, che ripongono
il diritto nella forza e non rispettano i giuramenti, artefici di violenze e
saccheggi, ambigui e ingannevoli, empi e corrotti, oltraggiatori della
giustizia etc., mi sembrano esistere da sempre. Ma dev'esserci stato un
tempo in cui l'uomo era felice, in armonia con Dio e col creato. Poi il
mito gradualmente ha ceduto alla storia, la poesia alla tecnica, e a
misura che i cieli dell'astronomia si son dilatati, si son ristretti quelli
del misticismo e dello spirito.
E ormai su di noi pesa l'ombra di una fine imminente: la
meccanizzazione della vita, l'inquinamento del pianeta, gli ordigni
atomici e chimici, gli allevamenti intensivi, i trapianti di organi, il
degrado urbano, i bambini in provetta, l'ellegibitismo, il giornalismo di
regime e altri funesti presagi. Con i nostri macchinari abbiamo
ricoperto di grigio ferro la verdeggiante terra. La nostra mente è
chiusa in scatole metalliche. Abbiamo il ferro nel cervello, nel sangue,
nelle cellule. Inserendo microchip e particelle ferrose nel corpo
verremo tutti magnetizzati e automatizzati. Se dunque Zeus, dopo le
altre stirpi, distruggerà anche questa, non sarà una gran perdita.
Ma qualcuno già teme che il tempo degli uomini possa cedere il posto
a quello di mostri umanoidi, di uomini-macchine, e che all'età del ferro
segua quella della ruggine, o di materia ancora più ignobile. Tuttavia, i
veggenti dicono che la nostra civiltà poggia le sue natiche ormai
spelate e sudice sul fondo più basso della storia. Ovvero, che c'è un
limite al peggio. E che Nemesi già incombe, vendicatrice, perché «per
coloro che dura empietà ed azioni crudeli hanno a cuore, Zeus Cronide
dall'ampio sguardo il castigo riserva». La speranza, rimasta in quel
vaso da cui usciron tutti i mali, ci dice così che torneranno nuove età
dorate.
Preghiera contro i demoni
Gli scettici scuotono il capo. Nessun testo di fisica, di chimica o di
biologia fa menzione di queste cose. Quindi, son solo materia di fede o
di fantasia. Nel dubbio, potremo fare una scommessa, come quella di
Pascal. I progressisti punteranno sul ferro e le sue magnifiche sorti, io
sulla fine catastrofica del Kali-yuga e sul successivo ritorno all'oro.
Non quello delle banche, ma quello che si estrae da giacimenti
spirituali. Anzi prevedo che ci libereremo del denaro. Forse l'età del
ferro comincia proprio da lì, dalla prima moneta, dal capitale, e perché
l'oro torni a splendere dovremo prima ripulirlo dallo "sterco del
diavolo".
«Amico, destati e vigila. Il diavolo ti gira costantemente intorno» dice
Silesius. Infatti i fumi maleodoranti del denaro penetrano ovunque, in
ogni fessura della società e della nostra coscienza. Ad ogni passo
dovremmo recitare un esorcismo. Io ne conosco uno potente, tratto
dalla tradizione ortodossa: «che Dio risorga e i suoi nemici svaniscano.
Come la cera si scioglie davanti al fuoco, come il fumo si disperde al
vento, tutti coloro che odiano il Signore fuggono al Suo cospetto e i
giusti si allietano». Chi sono "coloro che odiano il Signore"? Son quelli
che oggi calpestano ogni legge umana e divina, che irridono a tutto
ciò che è sacro, i plutofili, i servi del falsobruttocattivo.
Chi non crede in Dio e preferisce accomodare tale formula a gusti laici,
si rivolga alla Verità, alla Bellezza, al Bene, ne invochi il ritorno.
Trattenga il senso della preghiera e non dia importanza ai nomi. In
questo crepuscolo dell'età del ferro, le parole, i sistemi, le teorie, non
fanno che allontanarci dal vero, come forze centrifughe. Guardiamo
troppo ai significanti e troppo poco al significato. Abbiamo messo il
baricentro dell'essere nel cervello, alla periferia. Perciò siamo così
squilibrati. Per camminare sul filo della vita occorre riportarlo al
centro.
Solo quando rimettiamo in moto il cuore e il suo esprit de finesse la
coscienza si converte e si illumina. L'amore senza limiti, esibito in
orgogliosi cortei, che non fa discriminazioni, che non accetta alcun
ordine naturale o metafisico, ci appare allora per quello che è:
narcisismo, rancore, desiderio di vendetta. Le pretesche, gelatinose
omelie sulla 'pace' rivelano i fini sinistri della guerra, i progetti di
conquista, gli interessi meschini e le paure poco virili. Dietro le
promesse di felicità e di benessere che quotidianamente ci seducono
vediamo le trappole, i bocconi avvelenati. Capiamo che la
preoccupazione per la 'salute pubblica' è di fatto una 'malattia
pubblica', che la nostra 'democrazia' è totalitarismo, la nostra 'libertà' è
servitù etc.
Questione d'onore
La verità è la pietra filosofale, lo strumento della futura trasmutazione
in oro. Ecco il nuovo assioma da ricordare, speculare al primo: "la
verità è radice d'ogni bene". Non bisogna però scambiare per verità la
conoscenza provvisoria di cose e fatti. Comprendere sé stessi, ripulire
dal falso la propria anima, questa è l'alchimia che cambia il mondo.
Solo che il mondo non vuol cambiare, odia la verità e le resiste. Per
questo si uccidono i profeti e i missionari troppo zelanti, che cercano
di convertire o illuminare gli altri.
Non dobbiamo pretendere, da soli, di sconfiggere il falso secolare,
strutturale, che regge il mondo. Esorbita dalle nostre capacità, e dai
nostri doveri. Non possiamo neppure chiedere aiuto alle leggi, alle
costituzioni e alle regole che dovrebbero difenderci e garantirci dei
diritti, perché sono emanazioni del male che ci governa. Possiamo
coltivare una verità privata, interiore, ma come società siamo
condannati, impotenti a contrastare l'entropia della storia, il dilagare
dell'oscura trinità. Se la combattiamo, lo facciamo per onore, sapendo
di esporci a un'inevitabile sconfitta.
Siamo come l'usignolo di cui parla Esiodo, che geme ghermito e
trafitto dagli artigli dello sparviero. «Sventurato, perché vai gridando?
Ora ti stringe uno molto più forte. Tu verrai dove io ti trascino e pasto
farò di te, qualora lo voglia, o ti lascerò libero. Stolto chi ambisce a
lottar coi più forti: della vittoria è privato, e in aggiunta alla beffa
tormenti subisce». Non possiamo da soli liberarci dalle unghie del
Potere e dei suoi vampiri.
Se abbiamo ragioni di sperare è perché nella storia agiscono forze
spirituali che ci trascendono. «Sulla terra, di molti nutrice, vi son
trentamila immortali, da Zeus mandati, custodi degli uomini mortali; i
quali scrutano i responsi e le azioni malvagie ... e c'è la vergine
Giustizia, da Zeus generata, e quando qualcuno l'offende, presto presso
il padre sedendo, le trame gli dice degli uomini ingiusti». E Zeus
provvede, manda i suoi legati a ristabilire l'ordine, a raddrizzare la
Legge.
Dobbiamo dunque contare sull'aiuto di esseri superiori, fidarci di un
Principio che regola le orbite dei popoli e degli astri, aspettando che
la Ruota cosmica completi i suoi giri? Se male interpretata questa idea
nuocerebbe al senso della nostra responsabilità personale. D'altro
canto, un senso d'autosufficienza può illuderci che il futuro stia tutto
nelle nostre mani. Occorre conciliare i due estremi. Non siamo noi a
muovere le albe e i tramonti della storia, i suoi inverni e le sue
primavere. Non saremo dunque noi a far sorgere il sole dell'avvenire,
che dissolve tenebre e vampiri.
Un'influenza risanante
Possiamo però scegliere d'essere uomini veri od omuncoli. L'omuncolo
si conforma, crede il falso, ammira il brutto, giustifica il cattivo. Questa
è la via più facile e più consona ai tempi, anche se, in termini
tradizionali, conduce all'inferno. L'uomo vero prende invece la via
stretta, difficile. Immaginiamo di calare nel presente una di quelle
favolette di Esopo, dove si associano animali a caratteri umani. Non è
tempo questo d'essere impetuoso leone, astuta volpe, previdente
formica etc. Il nostro modello di virtù oggi è il salmone. Spinto da un
impulso misterioso, il salmone va controcorrente, supera con arditi
balzi gli ostacoli, si espone alla fame e a pericoli mortali per tornare al
suo luogo d'origine e generare una nuova stirpe.
Dobbiamo uscire dalle correnti del pensiero convenzionale, che oggi
idealizzano il progresso tecnologico-scientifico o che, all'opposto,
sognano di riesumare obsoleti sistemi di vita. Entrambe si illudono di
condurci a un futuro migliore, mentre non fanno che perpetuare i
limiti e gli errori del passato, aggravandoli. Pensano di poter edificare
il nuovo sulla base del vecchio, e non s'accorgono che questo non è più
possibile, che il conosciuto è diventato per l'uomo una terra insidiosa,
piena di paludi e sabbie mobili.
Il salmone segue una spontanea intuizione, si lascia alle spalle ciò che
conosce e non sa cosa l'attende. Le opinioni comuni gli appaiono
assurde perché, procedendo in senso contrario, la destra è per lui la
sinistra, il davanti il dietro, e viceversa. I pesci che seguono la corrente
lo credono folle, mentre è solo al di là della loro comprensione. Nella
nostra favola morale il salmone va per la sua strada e non ascolta chi
vuol spingerlo nella 'normale' direzione. Difende il suo onore di Folle,
incurante delle critiche, ubbidendo al mistero che lo guida, anche se
gli impone fatiche e sacrifici. Infatti, «dinanzi all'onore han posto il
sudore, gli Dei immortali: lungo e scosceso è il sentiero che ad esso
conduce».
Pochi prendono dunque questa strada. Ma il richiamo della verità si
farà via via più potente. E quando il numero di salmoni raggiungerà la
massa critica si creerà un contagio. Alcuni si troveranno, senza
neppure pensarci, a cambiar senso di marcia e altri li imiteranno,
sempre di più, come infettati da un benefico virus, da una febbre
purificante. L'epidemia del salmone sarà il segno che stiamo uscendo
dal Kali-Yuga.
Da ERETICAMENTE
Do Livio Cade'