Inverno demografico. L’estinzione gaia Roberto PECCHIOLI
Inverno demografico. L’estinzione gaia Roberto PECCHIOLI
L'estinzione dei popoli europei avanza a passi giganteschi. La civilizzazione edonista, nemica degli impegni definitivi, liquida e in via di evaporazione, vuole, fortissimamente vuole finire. L'esempio più vicino al nostro comportamento sono le balene che vanno a suicidarsi sulle rive del mare, l'elemento naturale che rifiutano per motivi misteriosi. La regione Toscana ha emanato una legge sul cosiddetto suicidio assistito a spese del contribuente. La materia è troppo delicata, il tema troppo complesso per essere risolto con negazioni o affermazioni assolute, ma il fatto che la norma venga celebrata come un diritto sconvolge (alcune) coscienze. Transitiamo allegri dal diritto alla vita al diritto alla morte. Padroni della morte, padroni della vita, su cui grava un altro diritto, quello all'aborto, dispensato gratuitamente dal sistema pubblico. Senza liste d'attesa. Paghiamo per estinguerci; non è più autolesionismo, piuttosto un programma preciso di estinzione di popoli interi, cancellati come le loro civiltà. Celebriamo il funerale collettivo di noi stessi come una festa, una danza macabra che gli storici e i filosofi del futuro analizzeranno con stupore.
L'inverno demografico è la denatalità che ogni anno segna nuovi tristi primati. Il dibattito sul futuro comune diventa sempre più inutile, poiché non tiene conto del convitato di pietra, il combinato disposto di denatalità, edonismo pratico e teorie eutanasiche. L'Italia, l'Europa, non finiranno:diventeranno però un'altra cosa. Il paesaggio civile e umano muterà irreversibilmente; non ci somiglierà più- il processo è in atto- e la civiltà comune finirà per assenza di chi dovrebbe trasmetterla, biologicamente estinto. Fatti, per quanto crudi, su cui non si riflette, perché la rimozione della fine non riguarda solo gli individui, ma anche le civiltà terminali. Le ragioni sono molteplici e una civilizzazione materialista e individualista riesce a individuare quasi esclusivamente motivazioni economiche. Tutt'al più depreca la precarietà delle nostre vite che non invita ai progetti . Non che non esista, ma non spiega che in piccola parte un fenomeno crescente, presente in tutte le fasce di reddito e persino tra gli immigrati. L'Occidente – sedicente giardino del mondo- è un potente contraccettivo, un'infezione dell'anima che spinge anche gli stranieri ad evitare la filiazione.
Le spiegazioni vanno individuate altrove. Ne azzardiamo una di natura filosofica. Il punto di vista filosofico è essenziale poiché permette di guardare ai fatti secondo una prospettiva critica di lungo termine. Gli effetti del suicidio demografico comportano conseguenze negative per l'economia, la qualità del sistema sociale e il benessere emotivo delle persone. Ci aiuta il pensiero di Soren Kierkegaard, l' esistenzialista cristiano danese del XIX secolo. In Enten-Eller ( Aut Aut) divide la vita umana in tre stadi: estetico – oggi diremmo edonistico- etico e religioso. Il primo si applica perfettamente all'uomo occidentale contemporaneo, che teme il tedio, la noia, vive di emozioni e di superficialità, ostile a ogni impegno. Il trionfo di questo tipo umano comporta il disimpegno, l'indifferenza egoistica a tutto ciò che eccede l'interesse individuale, quindi anche la nascita dei figli. Kierkegaard sostiene che l'uomo può condurre la sua vita lungo i tre percorsi, estetico, morale o religioso. Il primo vive il momento, il presente, un continuo carpe diem . Il secondo si assume le proprie responsabilità adempiendo ai suoi doveri. Il terzo compie il salto verso la fede e scommette sull'eternità. Nel pensatore danese fa capolino il fantasma del nichilismo, l'uomo proteso sull'orlo del nulla , roso dalla noia, il rischio supremo dello stile di vita che conduce alla nausea di fronte a un mondo destituito di senso. E' stato il percorso di buona parte dell'esistenzialismo novecentesco. Le opere più famose di uno dei peggiori maestri, Jean Paul Sartre, si intitolano appunto La nausea e L'essere e il nulla.
Un uomo siffatto non può attribuire alla filiazione alcun valore: la considera un fastidio, l'ostacolo principale alla sua vita edonistica, di cui ha bisogno per non cadere nell'angoscia. Chi sceglie la vita estetica ha un'esistenza superficiale, accumula esperienze allo stesso modo in cui Don Giovanni passa da una conquista all'altra, facendo della seduzione un fine e non un mezzo. L'esteta guarda nell'abisso perdendo il contatto con il presente a causa di un passato che ricorda con desiderio e di un futuro carico di aspettative che non diventa mai " adesso". Cambia continuamente obiettivo, intraprende un viaggio senza fine e senza meta, vagando incessantemente in cerca di divertimento. Nella corsa contro la noia rifiuta ogni rapporto che implichi continuità e donazione di sé. Anche l'amicizia è scartata: "Che senso ha l'amicizia? Assistenza reciproca basata su consigli e azioni. Ecco perché due amici si associano tanto strettamente, per essere tutto l'uno per l'altro; e questo nonostante che un uomo non possa essere per un altro nulla più di un fastidio". Tutt'al più l'uomo estetico cerca complici. Se è impensabile l'amicizia, che dire del matrimonio e della sua promessa di eternità? Nella prospettiva edonista, ogni relazione familiare restringe la libertà dell'individuo che " se si moltiplica, non può mettersi gli stivali da viaggio quando vuole". Che cosa c'è di più noioso che condividere la vita con un'unica donna (o uomo) e avere figli che costringono alla routine e alla responsabilità?
Le intuizioni di Kierkegaard sono diventate realtà. Lo stile di vita occidentale è immediato, con cambiamenti costanti, in lotta contro i tempi morti che risvegliano i timori. Aggrappato a un io ipertrofico, l'uomo estetico non vuole occuparsi degli altri, a cominciare dai figli, intrusi, ladri di tempo e di vita. Chi affronta una noia che porta all'indifferenza esistenziale trascorre la vita in un eterno parco giochi. La soluzione è nel superamento della sfera estetica- infanzia dell'anima- entrando nella maturità, nella responsabilità, nella dimensione del dovere, abbracciando lo stadio etico. Nulla di più estraneo al Peter Pan contemporaneo, senza padri e senza figli.
Prosaicamente, l'evidenza è che la denatalità colpisce le società più ricche della storia umana, dunque le cause sono morali e culturali. Sono poche le voci che si interrogano sulla possibile sparizione dell'Italia. C'è chi è preoccupato della globalizzazione, chi depreca l'immigrazione massiccia e la perdita dei fondamenti comuni. Tutto vero, ma pochissimi mettono davvero il dito nella piaga , ossia la conseguenza dell'estinzione fisica degli italiani di ceppo. Eppure l'invecchiamento della popolazione porta nel medio termine all'insostenibilità socioeconomica e nel lungo periodo alla scomparsa o alla sostituzione etnica. Non è un'eventualità remota, ma un processo avanzato. Il tasso di fertilità è sceso al di sotto del ricambio generazionale da oltre quarant'anni e continua a diminuire sino all'abissale 1,15 figli per donna odierno. Abbiamo quasi cinque milioni di persone in meno nella fascia di età tra i venti e i quarant'anni rispetto a vent'anni fa: non sono nati. Siamo un paese di vecchi. Secondo alcuni demografi la soluzione non ci sarebbe più. Parlano di trappola della bassa fertilità, una soglia matematica – secondo alcuni, 1,5 figli per donna – al di sotto della quale si genera un' inarrestabile inerzia di riduzione del numero di donne in età fertile. "La distribuzione per età di una popolazione esercita un'influenza indipendente sul numero delle nascite . Non dipende dal tasso di fertilità di quel periodo, ma è una conseguenza dei tassi di fertilità, mortalità e migrazione del passato." ( W.Lutz, V. Skirbekk e R. Testa, The Low Fertility Trap Hypothesis). Questa inerzia ha modificato la struttura per età della popolazione a tal punto che sempre meno donne raggiungeranno l'età riproduttiva, quindi il numero delle nascite diminuirà anche nell'ipotesi che la fecondità risalga.
Un popolo dotato di dignità non dovrebbe scomparire senza lottare per la propria sopravvivenza. Il recupero di un tasso di nascite almeno uguale al ricambio generazionale dovrebbe essere la massima priorità nazionale. E' esattamente il contrario e persino la Chiesa cattolica preme per la sostituzione etnica, che è anche sostituzione religiosa. La politica fa poco e nulla e l'opinione pubblica è del tutto estranea al tema della fine biologica della nazione. L'alibi socioeconomico è un colossale inganno. L'Italia dell'ultimo mezzo secolo è la più prospera di sempre. Se fosse vero che non si hanno eredi per difficoltà economiche ( che pure ci sono) perché i nostri padri e nonni avevano il triplo dei figli delle ultime generazioni ? Se la causa è la precarietà lavorativa, come mai i dipendenti pubblici hanno pochi figli come le altre categorie ?
La visione del mondo dell'Occidente ex cristiano è l'individualismo presentista-edonistico. A ciò si aggiunge la libertà sessuale incompatibile con legami irreversibili. Nessuno vuole più sposarsi né avere figli. Il crollo del tasso di matrimonio è parallelo a quello della natalità. L'individuo auto centrato è incapace di impegnarsi. Prendere coscienza di queste cause – antropologiche, non economico-materiali – implica rivedere la scala di valori e lo stile di vita. Ogni proposta di sensibilizzazione e di incentivi alle nascite si scontra contro un muro di pregiudizi. Anche il femminismo ha una parte di responsabilità. Una volta raggiunti i suoi obiettivi legittimi di uguaglianza, si è trasformato in un'ideologia che concepisce la maternità come servitù biologica delle donne. Nella maternità "l'individualità della donna è combattuta dall'interesse della specie: essa appare [in gravidanza] come posseduta da poteri alieni, alienata", scriveva Simone de Beauvoir ne Il secondo sesso.
Il risultato di milioni di decisioni di non matrimonio e non riproduzione è una società demograficamente insostenibile. Non c'è alcuna promozione del matrimonio; si tende ad equiparare il trattamento giuridico della coppia sposata a quello della coppia di fatto, più volatile e statisticamente meno fertile Nelle scuole e nei media non vengono insegnati i valori della genitorialità e della stabilità familiare, bensì femminismo, abortismo, individualismo edonistico, liberazione ed inversione sessuale. Il quadro filosofico-giuridico di uno Stato natalista deve promuovere il bene comune e morale. Non con l' imposizione coercitiva , ma per mezzo di divulgazione e incoraggiamento. Lo Stato eticamente neutro non esiste: attraverso leggi e politiche, i governanti inviano sempre messaggi di approvazione o disapprovazione. Un diritto di famiglia che banalizza il divorzio scoraggia il matrimonio e insegna che il valore massimo è la libertà individuale, non l'unità familiare. Una legge che rende meno facile l'aborto trasmette il messaggio che ogni vita è sacra; quella che lo considera un diritto universale afferma che la dignità umana non è intrinseca. La legge contribuisce a formare il clima morale prevalente. L'alternativa è una rinascita etica, familiare, demografica che faccia uscire dal baratro, o la discesa verso la povertà e l'africanizzazione. È la sfida che nessuno vuole intraprendere. Così sia.